LA SETTIMA FACCIA: CAPITOLO SECONDO 3. RIEMERGERE

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Arturo annaspò. Gli sembrava di trovarsi immerso nel giogo dell’acqua vorticante di un fiume, nuotava tentando di emergere, lottava contro il mulinello che lo trascinava in basso. Poi Campari sorrise e sciolse le sue ultime riserve.
Il Secco avanzò deciso ed elegante fra gli altri, l’andatura claudicante sostenuta dal bastone per poggiare la gamba sinistra. «Signor Devoti,» disse pacato, guardandolo quasi con dolcezza «che fa lì impalato?». Poi, vedendo che non reagiva, si rivolse agli altri due. «Non l’avete scelto tanto sveglio questo eh?»
«Cos-» balbettò Arturo.
«Su su» lo invitò il Secco, questa volta senza mezzi termini. «Non è il tempo dei convenevoli. Sradichi le radici che ha piantato in quest’ufficio e si dia una mossa. Come vede c’è un emergenza e lei è il capo della sicurezza. Ha degli obblighi, non dovrei ricordarglielo». Così dicendo si girò e uscì dall’ufficio.
«Daje Artu’!». Anche Campari lo invitava a seguirlo fuori con un gesto della testa.
Gli uomini in divisa si misero di lato per permettergli di uscire. Arturo, non sapendo cos’altro fare, cercò di leggere una reazione negli occhi del compagno e, non trovando nulla di più della fredda impassibilità, li accontentò. Si fece strada tra le guardie e una volta nel corridoio seguì svelto l’andatura zoppicante ma rapida cercando di star dietro al capo. I passi del quartetto dietro di loro li seguirono mentre il tatuato in camice allungava il passo e lo affiancava.
«Non ci siamo presentati.» allungò la mano per farsela stringere. Arturo lo guardò esitante, non gli era ancora chiara la situazione, ma capiva che l’unico modo per avere delle risposte era fare il loro gioco.
«Sono Mark Tobier.» si presentò l’altro. Sembrava uscito da uno di quei film psichedelici degli anni ottanta.
«Arturo Devoti, piacere». Aveva una stretta di mano decisa e vigorosa senza essere troppo ruvida.
«Oh sì sì, so bene chi è lei. Be’, forse dovrei dire che tutti sanno chi è lei, o per lo meno tutti quelli dell’ERC e dintorni. In pratica tutti quelli della Spalamerda, come li chiamano quelli della sezione degli Imbrattacarte. E non sono mica bruscolini eh». Si rovistò fra i capelli come se dovesse debellare un rave party di pulci.
Arturo lo guardò accigliato, senza capire. «Cosa vuol dire che tutti mi conoscono?» Stavano percorrendo l’ennesimo lungo corridoio e si apprestavano a salire le scale.
Sbuffò divertito e parlò come fosse stata la cosa più ovvia del mondo. «Lei è il sovrintendente alla sicurezza, tutti sanno chi è.»
«Ne parla come se fossi un VIP.»
«Ma lei tecnicamente È un vip. Semanticamente parlando vip è un acronimo inglese che sta per very important person, una persona molto importante. Quindi,» lo squadrò da capo a piedi. «chi meglio di lei? Il suo ruolo è fondamentale qui, signore.»
Quel ragazzo era un frullatore sbatacchiante di concetti sparato alla massima velocità, e Arturo faceva fatica a seguire ogni suoi piccolo delirio. Non coglieva il nesso tra la parola importante e la frigida desolazione dei quasi quarant’anni passati dentro quell’ufficio polveroso che era stato il suo piccolo regno privato. Oltretutto sentirsi apostrofato con quel “signore” lo fece sentire vecchio e buono a nulla. Si sentiva come una clessidra vuota, capace neanche di segnare il correre del tempo. La vita gli era scivolata tra le mani, granello dopo granello, accumulandosi sul fondo a formare una piramide di stupida e inutile sabbia.
Arrivarono davanti ad una porta di metallo anonima e il Secco si fermò, ruotò sui tacchi col suo fare sempre raffinato nonostante l’oscillamento sul bastone. «Pronto per entrare in azione, signor Devoti?»
Arturo si rassegnò a tutta quell’assurda situazione. «Se proprio dobbiamo ballare, che almeno sia un’esibizione indimenticabile.»

A che destino sta andando incontro Arturo e cos’è tutto questo mistero? Che fine avranno fatto i ragazzini con il dado impossibile dalla settima faccia?

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1 commento su “LA SETTIMA FACCIA: CAPITOLO SECONDO 3. RIEMERGERE”

  1. Ciao, che iniziativa figa. Ci provi anche io a dare dei suggerimenti.
    I ragazzi che giocavano sono finiti in un piano parallelo dove esistono gli spiriti delle cose e degli animali. É un mondo silenzioso ma anche feroce e primordiale. Tutto divora tutto e i giovani devono cercare di fare ritorno. In realtà il mondo in questione sembra quello materiale- ci sono i mobili, le case e ogni cosa, ma ha un che di sinistro. Possono entrare in contatto con il lato -spirituale- delle persone e degli animali che vivono nella materia, ma questi ultimi non si accorgono di loro. Sentono freddo, magari pensano improvvisamente a quel ragazzo, però non riescono a vederlo i toccarlo. I ragazzi percepiscono il mondo come più sottile e trasparente. Magari c é sul tavolo il gioco, il suo lato spirituale, ossia la sua energia. E esaminando le istruzioni trovano qualcosa che li obbliga a continuare il gioco per tornare Nell universo come lo conoscono.

    Che ne dite? Se vi piace mi mandate una risposta? Ahah mi divertono un sacco queste iniziative. Bravi!!

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