Ora capisco la mia solitudine…

Ecco, oggi mi sono ricordato di alcune cose, oggi voglio tediarvi con una riflessione che riguarda in parte la scrittura creativa e in parte la psicologia e la filosofia delle persone che ci circondano. Perché oggi mi sono ricordato il perché di molte cose, ma una più importante delle altre:  mi piace la solitudine perché disprezzo la gente.

Ma facciamo un passo indietro:
Ero tediato dal lavoro che 5 minuti mi fa stare immobile a fissare su uno schermo il logo dell’applicazione che compila le modifiche mentre subito dopo ci si deve scannare di lavoro per evitare di fare le due di notte il giorno prima di un importante rilascio. Così, nella fastidiosa attesa che mi separa dal nulla cosmico al lavoro da schiavo, controllo le mail aziendali, quelle personali e già che ci sono faccio un giro su Facebook. Se proprio devo buttare via il tempo preferisco farmi due risate.
Così vedo che dal giorno prima ci sono un sacco di notifiche, la maggior parte delle quali inutili. Una di queste però attrae la mia attenzione: una ragazza si lamenta del fatto che qualcuno possa averle rubato non solo personaggi ma anche luoghi, storia e addirittura mezzi di trasporto del suo romanzo inedito.

Mi ricordo che non è la prima volta che sento di queste cose — e purtroppo penso non sarà l’ultima: scrittori che inviano manoscritti alle case editrici e poi i collaboratori della casa stessa pubblicano romanzi simili; o addirittura le stesse case editrici li pubblicano identici sotto altro nome; o ne traggono spunto per inserire le cose migliori in romanzi altrui che crescono come un bel collage di copia incolla tra le trame degli esordienti; o addirittura, e questa è la cosa che mi ha sconvolto veramente, scrittori che fanno leggere o raccontano il proprio romanzo ad amici e questi cosa fanno? Da buoni amici prendono l’idea del romanzo e la trapiantano di netto in un loro scritto, improvvisandosi scrittori dal nulla, credendo di fare soldi, perlopiù magari senza nemmeno prendersi la briga di cambiarne nomi o luoghi.

Tutto questo cosa c’entra con la mia premessa?

«Amare un paese e una gente ed odiarli allo stesso tempo, sentirsi simili e diversi, volere e non volere, occorre riconoscere che è un bel  rompicapo» scriveva Leonardo Sciascia in un intervista, parlando delle «difficoltà di essere siciliano».
«Nec sine te nec tecum vivere possum» diceva Ovidio: Non posso vivere né senza te né con te.

È un po’ la condizione dell’essere: siamo costretti a vivere circondati dagli altri, il più delle volte in maniera pacifica, ma a un tratto un fatto che spezza la continuità e la monotonia ci riporta alla vera natura umana che non finisce mai di stupire.
Siamo tutti, dal primo all’ultimo me compreso, degli stupidi egoisti, pieni di sé da far vomitare; tanto che, se ci si ferma solo un attimo dalla frenesia del quotidiano per analizzare dall’esterno le cose, non si può che rimanere di sale.

Per questo non sono razzista ma odio tutti indistintamente.
Mi piace la mia solitudine, guardare da fermo gli altri che corrono.
Ma se solo allunghi uno sguardo su di me per chiedermi un favore mi taglierei una gamba per aiutarti.
Ed essendo io egoista dichiarato, non posso far altro che, umilmente, dichiararlo apertamente: almeno l’umiltà non mi costa d’avarizia.