Temero, Arro, Cuore e il soffio del Vento [FIABA DI NATALE]

[PREMESSA: Questo è il mio regalo di Natale a tutti voi. Buona lettura e buone feste!]

C’erano una volta, in un regno ai confini estremi delle regioni a Nord, tre fratelli: Temero il maggiore, Arro il mezzano e Cuore la loro piccola sorellina.

Temero era un ragazzino di dieci anni veramente coraggioso, che non si tirava mai indietro di fronte a niente. Era così ardimentoso che molte volte si comportava come un incosciente e spesso veniva rimproverato dai genitori per questo suo comportamento. Gareggiava con gli altri bambini a chi tratteneva di più il fiato sott’acqua, a chi correva più veloce, a chi rubava più mele dagli alberi da frutto, a chi picchiava più forte la testa contro il muro e a tutto quello che gli passava per la testa. Veniva anche canzonato dagli amici e apostrofato come Temero Il Pazzo.
“Guardate!” gli gridavano “Arriva Temero!” e attaccavano:

“Temero il pazzo, Temero il pazzo.
Se ne va in giro a spasso e fa sempre il gradasso.
Temero il pazzo, Temero il pazzo.”

Arro aveva otto anni e possedeva una parlantina incredibile. Coglieva ogni buona occasione per aprire la bocca. Salutava tutti e conosceva tutti. Trovava sempre tempo per fare due chiacchiere con chiunque incontrasse per strada. Era talmente pressante e pesante che i più furbi, prima di girare l’angolo delle vie controllavano che Arro non fosse nei paraggi, per non cadere in uno dei suoi discorsi verbosi. E si vantava, oh se si vantava!
“Tu lo sai quanti sono i giorni di un anno?” poteva dire cominciando ad attaccar bottone col primo che trovava “Io lo so, perché ho studiato, l’ho imparato oggi a scuola! E tu invece, tu ci sei mai andato a scuola? Lo sai che ho studiato tutti i venti di tutte le stagioni a scuola? E li so tutti a memoria: c’è il Ruffo e l’Affusso; c’è il Cardinale e il Montagnoso e il Folle; c’è il Birbante e il Soffietto…” e continuava, continuava. Poteva andare ore e ore talmente era vanesio.

E poi c’era Cuore, una tranquilla bambina che se ne stava in disparte, zitta e pacifica, come fosse rannicchiata in un angolo in tutte le situazioni. Non parlava mai con nessuno e non aveva molti amici. Andava a scuola e tornava a casa a passo spedito prima che poteva. Aiutava la mamma nei mestieri di casa rendendosi utile come poteva. Se non c’era niente da fare passava invece il tempo seduta vicino al camino. Studiava i libri di scuola, leggeva i romanzi della biblioteca o semplicemente osservava il fuoco con il suo piccolo cagnolino accoccolato tra le gambe. Era una bimbetta docile ma non arrendevole come potrebbe sembrare: quando i suoi fratelli bisticciavano, e lo facevano in continuazione se non erano in giro con i loro amici, Cuore trovava sempre un modo per farli smettere; quando suo papà, un falegname dall’aspetto un po’ grossolano, rientrava a casa borbottando che doveva pagare troppi tributi lei trovava sempre il modo di farlo sorridere con un gesto, una frase dolce o anche solo un abbraccio.

Un giorno, mentre i tre fratelli stavano andando a scuola, i tre percorrevano la lunga e tortuosa strada che dalle campagne conduceva in città. Era dicembre inoltrato e quella notte una candida coperta bianca di neve era scesa a coprire tutto. Faceva molto freddo e loro erano coperti alla bell’e meglio; non essendo di famiglia ricca non si potevano permettere dei bei cappotti caldi.
Come sempre Cuore se ne stava zitta zitta, camminando spedita con gli occhi bassi, pensierosa. Arro e Temero invece rimanevano sempre indietro perché continuavano ad azzuffarsi e a scambiarsi male parole senza mai stare fermi e zitti un attimo.
Ad un tratto cominciò a nevicare, dapprima come una misera manciata di piccoli coriandoli lievi, che scendevano radi e lenti. Poi la neve si fece più intensa e iniziò a soffiare un vento forte e fitto, turbolento e glaciale da gelarsi il volto. Temero e Arro smisero di litigare e Cuore, preoccupata di perdersi nella tempesta di neve che aveva incominciato a levarsi, rallentò il passo e si fece raggiungere dai suoi due fratelli.
«Cuore, rimani con me. Ti proteggerò io ora che c’è quest’aria fredda» si propose subito Temero.
«Grazie» disse lei, ma Arro ne approfittò immediatamente per controbattere:
«Non ascoltarlo Cuore! Temero è solo uno spaccone e non sa niente di tormente di neve. Ma io sì che ne so, le ho studiate a scuola!»
«Non dire stupidate!» obiettò lì per lì Temero mentre il vento si faceva sempre più forte e la neve più fitta turbinava intorno a loro «Non temo questo venticello e questa pallida neve. Ti proteggerò io sorellina. Stammi vicino perché con me accanto non avrei paura.»
Ma Arro aveva ancora una volta la risposta pronta: «E come farai a proteggerla quando la neve sarà così alta da non riuscire più a camminare? Fidati di me sorellina, ti porterò io in salvo.»
I due fratelli continuavano a litigare su quale fosse il modo migliore per cavarsela da quella brutta situazione. In realtà, come erano soliti fare senza accorgersene, questionavano solo per capire chi fosse il migliore tra i due.
Cuore li guardava sconsolata, senza riuscire a intromettersi. Una lacrima calda le scese sulla guancia.
«Basta» disse più a se stessa che rivolta ai suoi fratelli «Basta!» cercò di urlare ma Arro e Temero non potevano sentirla. Oltre al fracasso che facevano loro anche il vento, che ora si tuffava in forti raffiche spargendo la neve ovunque, portava via la voce della piccola Cuore.

D’un tratto un forte fragore come di un tuono molto potente interruppe tutt’intorno a loro e i tre che si scambiarono sguardi spaventati. Il vento si calmò, la neve si fece un poco meno fitta. Poi una voce tonante, proveniente da tutte le direzioni e nessuna in particolare, parlò loro:
«Certo che ne fate di baccano voi due!»
«E tu chi saresti?» domandò pronto Arro.
«Sono Borea, il Vento freddo delle regioni settentrionali. E non rivolgerti a me con quel tono, ragazzino.»
«Non vorrai certo intimorirci caro Vento del nord, perché noi non abbiamo paura» disse Temero sicuro di sé.
Il vento riprese a soffiare più forte e un turbinio di neve li circondò. Poi tutto tornò come prima.
«Non essere sciocco! Borea non se ne va in giro ad intimidire gli sconosciuti.»
«E che cosa fai allora?» chiese Arro.
«Soffio e porto freddo, che domande! Oggi però voi avete attirato la mia attenzione e voglio ringraziarvi: è sempre così noioso per me soffiare e spirare, spirare e soffiare. Non mi capita spesso di parlare con delle persone. Così voglio farvi un regalo: pensate ad un vostro desiderio, ad una cosa che vi piacerebbe avere e io ve la regalerò.»
«Io voglio viaggiare,» disse Arro «volare sopra tutte le terre come fai tu. Vedere posti mai visti, guardare le persona dall’alto! Portami con te nel tuo vagabondare come fai con questi fiocchi di neve.»
«Sarà fatto» lo accontentò Borea e con uno schiocco secco Arro si trasformò in un fiocco di neve che fu trascinato insieme agli altri nel vento che soffiava.
«Oh!» rimase stupita Cuore. Ma non disse altro. Poi fu la volta di Temero:
«Io voglio essere aria e Vento come te. Voglio sfidare gli altri venti, cavalcare le correnti. Toccare il cielo e poi scendere a portare il freddo su tutte le regioni. Nessuno ci fermerà se io sarò con te.»
«E così sarà» disse Borea e un altro schiocco secco tramutò Temero in aria facendolo scomparire nel nulla. Poi Boreo si rivolse alla più piccina:
«E tu, piccola mia» domandò la voce del vento «cosa desideri ricevere dal Vento del Nord?»
«Una coperta» disse senza fronzoli la bambina.
«Come scusa?»
«Vorrei una coperta signor Vento del nord!» confermò Cuore.
«E perché proprio una coperta?» chiese sorpreso Boreo «Non c’è nient’altro che ti piacerebbe avere? Posso portarti con me nei miei viaggi come farò con i tuoi fratelli. Posso farti diventare ricca. Potrai avere gloria, e potere, e denaro, e amore. Tutto quello che desideri sarà tuo piccina.»
«Voglio solo una coperta. Non mi importa avere altro: solo una coperta grande, che possa scaldare me, la mamma e il papà quando fuori fa freddo. Se papà, mamma e i miei fratelli sono felici, allora anche io sono felice.»
«Come vuoi piccina. E sia, una bella coperta, grande e calda per te!» e un altro schiocco risuonò nel vento.

Cuore si svegliò aprendo gli occhi e vide che era a casa, davanti al camino. Era accoccolata tra mamma e papà e tutti e tre erano avvolti in una grossa e calda coperta rossa.
E fu felice ripensando ai suoi fratelli maggiori che se ne vagavano col Vento del nord, sempre al freddo e inseguendo i loro desideri. Lei stava bene lì, al calduccio tra il calore dei suoi genitori.

A volte anche le piccole cose, quelle meno ambiziose e spavalde, riscaldano il Cuore.