Mi sono rotto le palle

 
Ieri ho preso in mano l’ennesimo libro di un autore italiano esordiente, non solo perché mi piace farmi del male visto la mia naturale predisposizione al sadomasochismo, ma anche perché mi piace dare sempre una possibilità. Non sono uno che ha dei pregiudizi. Ho semplicemente un istinto naturale al farmi male.
  Ho smarcato diversi tomi arretrati (“On Writing” di King, “Preda” di Crichton, cinque numeri arretrati di “ONE PIECE”) e ho accantonato per il momento “Sangue di cane” della Tomassini perché veramente pesante dal punto di vista narrativo — ho letto 40 pagine e lo stile è impressionante ma non ho ancora capito cosa-cazzo-succede.

Sangue di cane - Veronica Tomassini


Così ho deciso di provare con una new entry che ho acquistato e che, stando alle chiacchiere, prometteva bene. L’autore sembra aver fatto delle ricerche serie nonostante la tematica sia una delle solite pedanti stronzate che circolano negli ultimi tempi. E nonostante si trattasse di un fantasy. Ma le premesse sembravano per lo meno buone.
  Provo a leggere, sempre con quella piccola vocina dentro che prega Iddio Santissimo che sia la volta buona, che forse questo è un autore che fa degli errori, ma almeno si degna di provarci a scrivere qualcosa di decente. Io naturalmente non ci credo, ma lascio sempre a Hope il suo piccolo spazietto per potersi esprimere e sperare. Scontato dire che non ci ha quasi mai azzeccato.

Hope, la piccola vocina che mi parla in testa. Non è proprio così, ma a me piace fantasticare che la sua rappresentazione reale possa essere questa.

Leggo e comincio disperarmi.
  La cosa che mi lascia basito è che l’inizio, pur essendo il cliché visto e rivisto del risveglio a letto e del calduccio sotto le coperte, tecnicamente scorre e si presta: funziona. Certo non scorre come dovrebbe ma è più che accettabile. Dopodiché partono i drammi:

  • La narrazione che fino a quel punto è stata in prima persona al passato, si trasforma in una prima persona al presente. Brividi;
  • Il personaggio principale si presenta al lettore. Stringo i denti: non è una cosa che mi piace ma posso sorvolare, nonostante il brusco cambio di tono (da narrativo a confidenziale) e di tempo (da passato a presente);
  • A questo punto la narrazione torna al passato (naturale, visto che l’autore ha adempiuto al suo dovere di presentazione della protagonista) e parte un bello sproloquio di ben quattro paragrafi sul significato del nome della protagonista e sui suoi segni particolari (che sicuramente la indicheranno come La Prescelta, questo non devo neanche leggerlo per saperlo) e sul fatto che i nostri destini sono intrecciati a un sacco di cose e bla bla bla;

FINE PRIMA PAGINA.

  Ho un po’ i nervi a fior di pelle, il respiro è affannato, ma sono in treno e cerco di controllarmi. Lo sanno tutti che potrebbe anche piovere per peggiorare la situazione. Mi faccio forza e vado oltre: non sia mai detto che mi fermi al primo ostacolo.
  Se fino a questo momento il terreno friabile su cui sto camminando è poco rassicurante, da lì in poi la narrazione prende la brutta piega di una camicia non stirata e svia in una serie di curve pericolose. In discesa e fuori pista, roba da vero sciatore professionista. O da dilettante allo sbaraglio. E si sa che i dilettanti in fuori pista prima o poi si fanno male.

  • C’è il cliché visto, stravisto, banale, insulso, tediante e oltretutto inutile della protagonista che si guarda allo specchio e si descrive;
  • E non è finita perché c’è il cliché dentro il cliché — o la baggianata dentro il cliché se preferite — perché la protagonista è bellissima, stupenda, senza un difetto e, mi sembra anche naturale, sa di esserlo. E tutti la adorano;
  • Nei periodi narrativi appaiono i primi incisi, prima tra parentesi, poi tra virgole, alcuni addirittura segnati tra i trattini emme, roba di alto livello. Purtroppo la metà sono inutili, sottolineano cose di cui non interessa niente a nessuno o sono trattati con un enfasi tale (col punto esclamativo! Che diamine, sono un inciso, io!) da lasciare basiti;
  • Gli stampini da cucina utilizzati dall'autore per modellare la profonda e tormentata psicologia dei personaggi
    Gli stampini da cucina utilizzati dall’autore per modellare la profonda e tormentata psicologia dei personaggi
  • Ordunque entrano in scena gli altri personaggi, i famigerati famigliari della protagonista. Naturalmente, manco a farlo apposta, sono tutti bellissimi, bravissimi, allegrissimi, felicissimi, perfettissimi, mai una virgola fuori posto: tutte pedine finte in modo assoluto nella magnifica scacchiera del mondo fantastico. Niente di più banale e irritante;

Il brusio di sottofondo nella mia testa è ormai insopportabile; chiede pietà all’autore implorandolo di fermarsi e di prendere una strada che abbia una parvenza di narrazione leggibile.

  • Purtroppo la situazione degenera perché, oltre che negli incisi, i punti esclamativi enfatizzano anche la narrazione rendendola irritante.
  • Oltre a questo, a sostegno della narrazione e delle tecniche espresse fino a quel momento che vengono spesso riportate sotto la definizione nota come “alla garibaldina”, si innesta un altro folgorante elemento di disturbo alla mia ormai provata pazienza: l’indegno e mistico segno meglio noto come “d eufonica”. A caso e ovunque lo si possa inserire; più ce n’è meglio è. Viva il re;

Sono in treno mentre leggo, il vagone non è pienissimo, ma se urlassi un bel porcone verrei senza dubbio notato quindi mi trattengo. Sento la mandibola che mi fa male, cerco di rilassare i muscoli.
  “Hey, hey,” cerca di calmarmi Hope. “rilassati amico. Non è poi la fine del mondo. Sono sicura che questi errori capitano a tutti. Sei solo a pagina 13, ne hai ancora altre 487. Non può essere tutto così.” Un bel respiro profondo e fuori l’aria. Forse ha ragione, meglio calmarsi. “Guarda, sono sicura che se vai avanti la storia si farà interessante. Vedrai, ne sono certa!”
Hope sembrava sicura, io un po’ meno. D’altronde Hope non ne ha mai azzeccata una…
Mi faccio coraggio e continuo a leggere. Vediamo, dov’ero rimasto… oh sì, ecco:

  • Tutti sono felici e contenti visto che è il mondo delle favole: sprizzano gioia anche al mattino appena svegli (cosa che se fai nella realtà a casa mia, ti stendo con una testata da farti schizzare mezzo litro di sangue dal naso direttamente nella tazza coi cereali), mandano baci soffiati di saluto prima di andare al lavoro (altro mezzo litro di sangue sul divano in pelle) e stronzate del genere;
  • Piero e Alberto Angela narrano l’appasionante geografia del territorio cittadino
  • La trama si infittisce perché giunti a questo snodo vitale, mentre la protagonista va al lavoro, fa la comparsa un personaggio che mai ti aspetteresti in un fantasy: Piero Angela. Il buon Piero, o chi per lui, forse suo figlio Alberto, ci introduce alla vita nella ridente cittadina del protagonista con tanto di numero di abitanti, indicazioni ambientali, distanze in chilometri per trovare i riferimenti geografici e condizioni climatiche. Paragonabile, dal punto di vista dell’interesse, ai sessanta e oltre giri del Gran Premio di Formula 1. Insomma, detto in termini chiari: un bel numero di parole che mi sarà utile per fare una lista delle cose di cui non mi frega un cazzo. Neanche il mio libro di geografia delle medie era così (in)espressivamente tediante. E il ricordo del mio libro di geografia è quasi un incubo a occhi aperti che a fatica riesco a immaginare;
  • La protagonista arriva al lavoro: un bar gestito dalla coppia più felice del mondo (intervallo con sviolinata pazzesca sui trascorsi della coppia a partire dal Mesozoico fino ai giorni nostri, passando per medioevo e rivoluzione industriale) che la protagonista considera come nonni adottivi. Eccecredo! Chi non li verrebbe due nonni così: sono perfetti e vivono nel mondo delle fiabe, in un tenero e ridente spazio gioioso nel bel mezzo di un emblematico bosco tetro e buio anche in pieno giorno;
  • Come il lettore esperto intuisce subito, ma ne si ha la conferma leggendo, il podalico intermezzo del lavoro centra con la trama come la nutella sulle cozze; ottimo esperimento culinario della cucine dei reparti di psichiatria, ma di dubbio gusto in un ristorante con tre stelle Michelin;
  • Altra cosa del tutto (dis)interessante è che finito il capitoletto “lavoro” ci si rituffa in una matassa di ricordi sempre sui coniugi gestiamo-il-bar, con tanto di descrizione accurata della casa dove vivono, delle stanze, dei mobili che compongono l’arredamento, ecc…;

Non sono molto convinto di poter proseguire la lettura, ma non avendo altro da fare e dovendo occupare per forza di cose il tempo che mi separa da casa con qualcosa, penso che continuare a leggere non mi farà poi così male. Certo, il mio fegato ne risentirà di sicuro e ho la pelle d’oca nonostante il riscaldamento del treno sia stato girato sulla modalità “inferno”.

  • Se andando a lavoro la protagonista aveva sentito dei rumori, subito attribuiti a un animale, ora, all’uscita, si imbatte in un tipo dell’altro sesso che la guarda strano. Vuoi vedere che era lui che la seguiva? Lei va in panico. Per fortuna arriva il fratello;
  • Il fratello della protagonista ha un aura potentissima!
    Il fratello della protagonista ha un aura potentissima!
  • Secondo voi come può essere il fratello se la protagonista è bellissimo e vive nel perfetto paese delle favore? Ovvio che sia anche lui strabello in modo bello bello bellissimo, muscolosissimo e con un fisico da modello, ricercatissimo vista la sua fascinosissima aura e la cui unica occupazione, in vista dell’estate, sarà soddisfare orde e orde di ragazze. Ma non è finita qui perché l’autore lascia intendere che, pur essendo un giovinotto, anche le madri di famiglia non disdegnerebbero una bottarella. Sì, avete sentito bene. Che madri di famiglia sconsiderate da questa parte della realtà!
  • Il giorno dopo si scopre che la protagonista ha ancora i bollori dopo l’incontro fugace (meno di cinque secondi cinque) e, trovando al lavoro il tizio in questione, fa di tutto per evitare il contatto che però è inevitabile. Risultato: la protagonista si scioglie come neve al sole: diventa un’ebete incapace di intendere e di volere, ha la cascata del niagara in mezzo alle mutandine, perde la capacità di respirare, di agire e di muoversi come un normale essere umano. Lui non è una bellezza ma è interessante e attraente in modo strano, indescrivibile. Ed è appunto così che la descrizione dei come e dei perché viene evitata in modo elegante sorvolando alla grande. Ovvio che quando uno pseudo scrittore non è in grado di capire perché i suoi personaggi agiscono in determinati modi, o meglio, perché LUI voglia che i personaggi facciano determinate cose e abbiano determinate reazioni, ecco che intervengono due elementi: vaghezza e deus ex machinae;

Ok, lasciamo perdere, non è roba per me: non capirò mai come la gente faccia a leggere libri soprassedendo a certe cose. Io le trovo scandalose e da brividi, roba che mi sogno la notte e che mi lascia nervoso tutto il giorno. Chiudo il libro e passo ad altro, a qualcosa di più decente; sempre che qualcosa di leggibile sia rimasto a questo mondo…

20 commenti su “Mi sono rotto le palle”

  1. Gran brutta esperienza la tua! Hai stuzzicato la mia curiosità. In base a che cosa hai scelto di comprare o leggere questo romanzo? Era editato da una casa editrice o auto-pubblicato?
    Purtroppo anch’io ho letto alcuni romanzi fantasy, di autori esordienti, pieni di refusi, cambi di POV nella narrazione, abuso di punti esclamativi e punti di sospensione eccetera. In alcuni casi non sono riuscita a proseguire la lettura e ho dovuto abbandonare il libro. Nel caso che descrivi tu, mi sarei fermata alla prima pagina… Però è anche vero che, accanto a questi romanzi pieni di lacune, ce ne sono altri ben scritti e dalla trama solida.

  2. Va beh dai… i libri degli scrittori dilettanti italiani non sono scritti tutti così male, c’è anche chi sa il fatto suo (non molti, te ne do atto, ma qualcuno c’è). Anche se nemmeno io mi sono mai imbattuto in un capolavoro.

  3. Eledie, l’ho letto per il semplice fatto che su Facebook è pieno di esordienti e nel mio piano di divulgazione del verbo della buona scrittura, nel tentativo di migliorare il livello letterario del “se Totti ha scritto un libro perché io no”, è scritto che mi impegni anche a leggere gli scrittori esordienti. Certo, come dice Davide, non tutti gli esordienti fanno così pena e non si approccia certo un romanzo del genere senza la sana consapevolezza che non troverai mai un capolavoro. Però mi aspetto la soglia minima di decenza.
    Per rispondere alla tua domanda è pubblicato da una casa editrice. Senza editor probabilmente. O con una fotocopia formato poster di un editor.

  4. Scusa, invece di criticare in quel modo, non potresti cercare l’autore/autrice e spiegare dove sbaglia e come potrebbe migliorare, sarebbe sicuramente un pensiero più gentile e carino.

  5. Io offro da sempre consulenza e corsi GRATUITI. Però a volte è triste e stressante vedere quanto poco vengono utilizzati gli strumenti che metto a disposizione, il tempo che impiego a dare consigli e fare editing, ad aiutare gli esordienti, a segnalare articoli fondamentali sulla scrittura ecc.
    Mettiti nei miei panni: se tu ti impegnassi come me a farti un culo quadro e ti senti rispondere dall’autore “il mio romanzo è differente, vedrai”, il risultato è questo.
    Certo, io rimango SEMPRE disponibile ad aiutare tutti quelli che vogliono. Ma molti non vogliono.

  6. In questi casi io divento un po’ bipolare.
    Da una parte mi dico: “Ma no, non fare la stronza, sono alle prime armi… siamo tutti nella stessa barca tutti vogliamo imparare…”. Poi, la parte sana di me prende a mazzate la buonista e inizio a inveire anche io, più che altro perché accompagnata a questa gran dose di ignoranza e autocompiacimento c’è un’arroganza del sedicente autore che gli impedisce di accettare qualsiasi critica partendo dal (completamente sbagliato) presupposto che una volta stampato il testo sia perfetto.

  7. Uno dei consigli comuni a quasi tutti i corsi di scrittura creativa è quello di non dare mai dei nomi stranieri ai propri personaggi. Pare sia di cattivo gusto.

    Ora mi chiedo come mai ti hanno chiamato Michael?

    1. In realtà il mio nome doveva essere Alan Michael, ma per brevità…

      In ogni caso se c’è un motivo valido tutto si può fare: ambientare la storia all’estero con personaggi dai nomi stranieri, riempire il testo di d eufoniche, far presentare i propri personaggi al lettore… Tutto si può fare. Nella maggior parte dei casi però non c’è un valido motivo, ma solo una mancanza di insegnamento.

  8. Lol. Ma come cazzo fai ad andare avanti con una lettura del genere ? Non potevi leggerti l’orario dei treni ? Le istruzioni per la porta di sicurezza ? Dillo che sei tu, che ci godi a leggere la merda. Potevi scrivere, no ? Un bel raccontino su uno che scuoia un autore (!) di fantasy.

    1. Hai ragione Nicola. Infatti nelle premesse ho detto che sono masochista. Forse perché Hope nella mia testa è così carina che non riesco a dirle di no.
      Mi hai dato un buono spunto per un racconto 😀

  9. Bellissima recensione. Purtroppo il problema è molto più complicato di quanto si creda. La letteratura di consumo ha ucciso – questo non è una novità, ma dura dagli inizi dell’800, quindi con l’avvio al capitalismo – tutto il valore di attività fantastica dell’uomo. Oggi tutto si lega alla legge della moda, e se tu riesci ad essere sopra le righe, non ti rimane altro che l’oblio e l’illusoria speranza di poter emergere. Conosco tantissimi intellettuali, anche filosofi quindi, che non riescono ad emergere con la propria ideologia… questo perché non solo la narrativa e la poesia sono diventate merce di consumo, ma anche la saggistica si impone di fare demagogia insensata sull’ambito politico, e nient’altro. Mi piacerebbe tanto sottoporti dei miei lavori editoriali per ricevere una recensione, anche militante, perché anche il giudizio negativo porta alla crescita culturale. Il problema è che non sono mai stato pubblicato. E non perché non scriva bene, non abbia cultura, non faccia ricerca nel campo letterario, è che proprio per tale ragione – così come io, anche tanti altri – sono emarginato. Perché preferisco fare letteratura di nicchia, che non esiste più nel campo editoriale, se non con qualche eccezione, anziché ridurmi a schiavo del consumismo. Peccato che l’industria editoriale non molli. C’è l’autopubblicazione, certo. Ma io penso che sia un’altra rovina del buon senso culturale…

    1. L’autopubblicazione, se usata con criterio, è una risorsa molto importante di crescita. Un esempio lampante sono i concorsi organizzati da piccoli gruppi di scrittori che nessuna casa editrice pubblicherebbe mai, indipendentemente dalla bravura.
      Tutto sommato però mi trovo in accordo con le tue osservazioni. Se vuoi un parere, una valutazione o un qualsivoglia aiuto sono sempre disponibile. Mi trovi qui, sulla mia pagina Facebook (la trovi in alto sulla destra), sul mio profilo personale Facebook (ti ho inviato la richiesta di amicizia dopo aver visto il tuo sito/blog) o alla mail [email protected]

  10. Hehehehe.. Mi sono messo a ridere appena ho letto questa recensione. Ma senza conoscere il libro, mi sembra di aver capito che hai letto un libro dedicato per ragazze. (O almeno da quello che racconti, è femminilizzato al massimo).

    Ma io non disprezzo l’auto-pubblicazione VINCENZO (anche se le garanzie sono basse); almeno non fino a quando in italia non torna un editoria che punta sul successo dei propri libri e non sullo spennare gli scrittori. In questo contesto escono molte opere di principianti auto-pubblicati e sono pochi i veterani che invece ti portano uno scritto decente. Oggi così funziona.

  11. Ma quando mai l’editoria ha sfornato successi? Voglio dire… l’industria editoriale ha sempre fatto disastri. Opere secolari che ad oggi chiamiamo classici sono stato autofinanziate dagli autori e stampate da editori… quindi l’editoria è sempre stata un tramite. L’autopubblicazione senza tramite è un fallimento per il mercato e per l’autore stesso. Questo perché deve badare da solo a far girare la sua opera, e non sapendo come fare – visto che si parla di esordienti – finisce nel dimenticatoio. Tanto vale custodirsi i propri scritti e non divulgarli, a ‘sto punto. Sono di questo avviso. L’editoria italiana è sempre stata in crisi sin dal Medioevo e, anzi, dirò di più… con il capitalismo è peggiorata a livello qualitativo ma non da un punto di vista economico. Non ci credo alle favole, purtroppo. Sia le piccole case editrici, sia le grandi case editrici, purtroppo, guadagnano sugli autori – ora non stiamo lì a puntualizzare se hanno un profitto minimo o un guadagno cospicuo. Quelli che ci rimettono sono sempre i scrittori, ricordiamocelo.

  12. Devo ammettere che il tuo racconto è ben scritto e intrigante. Riesci a gestire bene il POV di questo ragazzo alle prese con un libro illeggibile…ah, non era un racconto? Era la verità, ops.
    Allora riscrivo la prima pagina del mio libro monumentale. Il primo capitolo di 600 pagine descrive la protagonista bellissima che si sveglia felice e si descrive allo specchio.

  13. Come sadica non valgo un granché,perciò dovrà accontentarsi dei miei splendidi incipit inediti. Può sempre ignorarli, naturalmente (da quel che ho capito a lei non mancano risorse per i “problem solving”, si dice così?)
    ORA CHE E’ INUTILE
    Superai le arcate di pietra che separavano la zona nuova del cimitero da quella antica: un illusorio confine tra presente e passato. Mi fermai tra la scacchiera di lapidi. Quanti segreti sepolti sotto quelle pietre bianche! Con essi, mia figlia. Sfiorai la sua immagine. Nei grandi occhi corvini, un rimprovero, lo stesso, da sempre . Ignorarlo, le fu fatale.
    “Ora che è inutile, ora che è inutile”…Una danza di parole che apriva un varco nel dolore perché la mia colpa sopravvivesse al ricordo, dal giorno in cui era volata dalle sbarre di un balcone…
    I GEMELLI (thriller)
    La cucina era spettrale a quell’ora di notte, una vera sezione distaccata dell’obitorio.
    Il bianco non risparmiava nulla: i contorni dei mobili e lo stesso pavimento scomparivano sotto le luce abbaglianti dei neon.
    Era distinguibile solo la finestra dalle sbarre grigie, che si apriva nel muro candido, come sospesa nel vuoto…
    PORTRAIT (“RITRATTO” in francese, introspettivo)
    Julio, bruno, enigmatico, gioia o abisso nel suo mondo nascosto?
    L’ironia nello sguardo: arma contro i curiosi.
    Vivevo le sue frasi non dette, il dramma che permeava ogni difesa.
    Schivava le domande condannandole alla banalità, abile come un perfetto spadaccino…
    IL DIARIO DI GUENDALINA (ironico)
    Il vecchio scialle appoggiato sulle vecchie spalle, gli occhiali dimenticati sul giornale, la mano scorre intenerita sulla mia immagine di vecchia grinzosa.
    Com’era prorompente Richard!
    Io, signorina perbene, con la puzza di naftalina già a trent’anni, spiavo il ragazzone esuberante, scandalizzata per le idee perverse che mi serpeggiavano ad ogni suo sguardo distratto…
    BEH, PUO’ BASTARE. HO FATTO LA BUONA AZIONE QUOTIDIANA. SFODERI PURE IL SUO LATO SADICO, MA L’AVVERTO CHE SONO CORIACEA. E’ QUASI IMPOSSIBILE OFFENDERMI, PERCHE’ RIDO VOLENTIERI ANCHE DI ME STESSA. Un saluto cordiale.

    1. Cara Maria, ti ringrazio per aver postato l’incipit di alcuni tuoi lavori, ma al tempo stesso sono costretto a rifiutare l’offerta. Commentare un incipit di così poche righe, fuori contesto, senza un quadro generale o la possibilità in qualche modo di inquadrare il disegno è pressoché impossibile, se non controproducente.

  14. Chiedo scusa per un “lapsus”: ho scritto “LATO SADICO” invece che “LATO SARCASTICO”. Spero vorrà perdonarmi.

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