LA SETTIMA FACCIA: CAPITOLO PRIMO 3. L’IMPERCETTIBILE

LA SETTIMA FACCIA_CAPITOLO PRIMO_3. L'IMPERCETTIBILE

Sotto il tavolo non c’era niente, solo qualche patatina sbriciolata e un incarto di plastica trasparente probabilmente appartenuto a una merendina. Persino il rumore era svanito.
«Anche questo è uno scherzo?» chiese Marina rivolta a Pietro. «Non so tu, ma io mi sono rotta.»
«Cosa?!» Pietro era fuori di sé, non riusciva a credere che sospettasse di lui. «Per quanto ne so potrebbe essere stato quello stupido di tuo fratello.»
Marina spalancò gli occhi colpita da quell’uscita infelice come da una freccia in pieno petto. La linea delle sue labbra si appiattì fino a scomparire. «Non osare dare dello stupido a Samuele perché…» agitò un dito di rimprovero in aria e rimase per un attimo senza parole. «Dio solo sa cosa ti passa per la testa.»
«Dai, lo sai anche tu che potrebbe essere stato lui, non è normale-»
«Non-è-normale?» ripeté Marina scandendo le parole. Il suo tono era furioso e avrebbe potuto sputare fuoco da un momento all’altro se solo ne avesse avuto la possibilità. «Non è normale eh? E tu sei normale? Forse credi di essere divertente.»
Pietro cercò di replicare. «Marina io…»
«Tu cosa signorino spocchioso?»
«Io volevo dire che non è normale che ci siano dei rumori sotto il tavolo e non sia stato nessuno.»
«Sì sì, cerca di cambiare le carte in tavola. Tanto lo so cosa pensi.» si alzò in piedi. «Tu e la tua intelligenza da primo della classe potete prendere e andare a quel paese.»
«Marina, non fare così. Ci siamo fraintesi. Ci dev’essere una spiegazione». Si girò verso Samuele e vide che fissava un punto sotto il tavolo. «Samuele, sei stato tu a fare quel rumore vero?»
Il ragazzino non lo degnò di uno sguardo, rimase concentrato su quello che stava facendo. Pietro cercò di capire cosa stesse catturando il suo interesse, ma sotto il tavolo non c’era nulla quindi decise di considerare la circostanza come una delle normali “cose” di Samuele. «Sam.» lo chiamò cercando di attirare la sua attenzione. «Sam, sei stato tu prima?»
«Oh, smettila Pietro.» lo interruppe l’amica spazientita. Si stava sbracciando per raccogliere le ultime parti del gioco che c’erano sul tavolo buttandole alla rinfusa nella scatola. «Non cercare di dare la colpa a lui. Tanto lo hai appena detto cosa pensi veramente. Il discorso è chiuso.»
Pietro si rendeva conto che la situazione gli stava sfuggendo e rimase a guardare il fratello dell’amica per qualche istante. Aveva sbagliato a usare certe parole anche se quello che era successo lo aveva spiazzato. Quella sera tutto era andato storto; altro che momento di svago con gli amici per staccare dai libri, erano successe troppe cose strane. Capiva solo ora che questo non lo giustificava per quello che aveva detto, seppur non l’avesse fatto con la volontà di offendere. Cercò di poggiare una mano sul braccio di Samuele, ma questo scattò indietro terrorizzato. Alzò lo sguardo su di lui solo per una frazione di secondo, ma a Pietro bastò per cogliere un riflesso di eccitazione mista a paura nei suoi occhi verdi.
«No-» disse Samuele. «No-no-no-no.»
Marina intervenne. «Non toccarlo, lo sai che odia essere toccato.»
«Scusa.» mormorò Pietro a bassa voce. Nessuno però sentì le sue scuse, Samuele ora urlava.
«C’è una lucertola rossa! Una lucertola rossa! Che bella, una lucertola rossa!»
Marina spaventata guardò nella direzione indicata dal fratello, ma non vide niente.
«Una lucertola rossa!» continuava a dire il ragazzino in preda all’eccitazione.
Marina chiuse la scatola e si avvicinò. «Cosa? Dove?» cercò di capire.
«Sotto il tavolo.»
«Sam, non c’è niente sotto il tavolo. Calmati ora. Io non vedo niente.»
«Sotto il tavolo!» disse indicando un punto. «C’è una crepa. La lucertola è uscita da lì. Ma è… strana.»
Pietro non sapeva se intervenire per aiutare l’amica a tranquillizzare il fratello o se starsene in disparte. Avrebbe voluto darle sostegno, metterle un mano sulla spalla, dire qualche parola conforto a Samuele. Ma non sapeva come l’avrebbe presa e temeva una sua reazione negativa. Forse si era già spinto troppo oltre.
«Calmati Sam, calmati.» disse Marina. La sua voce si era fatta rauca e spezzata.
«È strana. Ha la testa rossa e… non ha gli occhi. Che schifo! Ah si muove, viene verso di me!»
Samuele si rannicchiò sulla sedia abbracciando le gambe al petto, mentre Marina non si dava pace e si guardava intorno disperata.
«Sam,» disse Pietro spronato ad agire da una forza di volontà che non sapeva di avere. «non c’è niente Sam. Ora calmati.»
«Andiamocene.» disse Marina. Prese la sua borsa e, senza alzare gli occhi, parlò all’amico. «Puoi tenerlo tu il gioco? Me lo darai un altro giorno». Tratteneva a stento le lacrime, ma Pietro colse alcuni deboli singhiozzi.
«Certo.» rispose senza convinzione. Marina convinse il fratello a scendere dalla sedia e lo accompagnò fuori tenendogli la vita con un braccio. Sam continuava a girarsi, sorrideva e guardava in terra.
Se ne rimase zitto osservandoli uscire dalla porta. Non appena i due furono usciti sentì la pesantezza della giornata piombargli addosso tutta insieme. Aveva bisogno di una bella dormita e non aveva nessuna intenzione di mettersi a ripulire il casino della taverna. Sentiva che se l’avesse fatto si sarebbe messo a rimuginare su troppe cose e non sarebbe più riuscito ad addormentarsi una volta a letto. Chiuse la porta esterna, spense la luce e salì le scale fino in camera sua. Si buttò sul letto sfatto senza neanche spogliarsi per non perdere il colpo di sonno che gli era salito d’un botto e si addormentò dopo poco. Dormì un sonno inquieto fino al mattino, tormentato da strani sogni, innervosito dalle domande senza risposta della sera prima.
Non si accorse che qualcuno lo stava osservando. Non avrebbe potuto neanche volendo: non si può vedere quello che non si vuol vedere.

Chi sta osservando Pietro? Perché Samuele è così strano? Cosa ha visto che gli altri non possono vedere? Cosa c’è dietro quello stano dado? E il gioco, quale significato nasconde quella carta?

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