365 days of writing – Un anno di scrittura

Questo articolo è uno dei più difficili tra quelli che abbia mai scelto di scrivere. In realtà non è neanche un articolo: è un’affermazione, una presa di coscienza, un contratto nero su bianco che voglio scrivere come un patto tra il me stesso di oggi e il mio ego di domani al fine di impormi una scelta.


Il buon vecchio Martin afferma ci siano due tipi di scrittori: architetti e giardinieri, ovvero progettisti riflessivi o ideatori avventati. Sono le due facce della medaglia: c’è a chi piace progettare, pianificare, avere sempre sottomano la cartina stradale con l’indicazione da seguire. E allora saranno architetti; c’è invece a chi piace andare di pancia, ad intuito, prendere l’idea e stenderla il prima possibile in modo che sia l’idea stessa a suggerire come continuare, prendono lo zaino in spalla senza meta e dirigendosi dove il cuore gli suggerisce. E in questo caso avremo dei giardinieri.

Un po’ come quando c’è una ragazza che mi piace e devo decidere se buttarmi e chiederle di uscire o meditare su tutta la situazione. Nel primo caso rischio di prendermi un manrovescio o peggio ancora un ‘Cou de pied sur le pal‘, passo tipico del balletto classico che ha come target una parte vitale dei bassifondi che non mi soffermo a tradurre. Naturalmente la scelta cade invece sulla pianificazione mentale dei minimi particolari e delle possibili complicanze del caso: in pratica un film mentale in formato trailer ripetuto fino allo svenimento dove la conclusione comune a tutti i finali è immaginarsi miliardi e miliardi di volte mentre il suo tenero ‘pied‘ viaggia a velocità decisamente sostenuta verso le mie ‘pal‘. Il calcio nei coglioni, reale o tanto figurato da esserlo, è sempre l’opzione da cui non si cappa.

La verità che non ho mai nascosto è che la mia personalità pesantemente incrinata dal DOC, dalla fissazione per l’armonia generale e dalla mania di dover sempre fare bella figura per dimostrare qualcosa agli altri (o forse a me stesso), mi hanno sempre portato ad essere un architetto. Voglio sapere, DEVO sapere, dove vado a parare, cosa voglio trasmettere e come voglio farlo, e quindi di conseguenza anche quale sia il modo migliore per farlo. Voglio progettare tutto fin nei minimi particolari prima ancora non solo di piantare il primo chiodo, ma anche solo di prendere il martello. Ho bisogno di un mio schema mentale delle cose per far funzionare il tutto, non riesco proprio a piantare il seme e aspettare per vedere come cresce; mi infervorerei di continuo, gli urlerei addosso tutti i giorni per sfogare l’ansia da prestazione.

Dovendo però considerare tutto con calma da più punti di vista, riflettendo con senso critico e costruttivo, non posso fare a meno di adocchiare due cardini essenziali del pensiero che galleggiano sempre sulla superficie e che non smetto mai di ripetermi come mantra ogni giorno:

  1. Niente è totalmente bianco o nero, l’unico colore realista è il grigio;
  2. Non si finisce mai di imparare. Chi smette d’imparare è morto dentro.

E così, accompagnato da queste piccole verità sono sempre cresciuto, cercando di migliorare in tutti gli aspetti di me stesso, pregi e difetti nessuno escluso, imparando dalle mille sfaccettature della vita, ricercando le mezze verità nascoste dietro il nero e il bianco, dipingendo il mio personale grigio, sempre alla ricerca del miglioramento, di imparare, di essere assetato di conoscenza e di cambiamento. Non so cosa ne pensiate voi, ma ne ho sempre fatto una ragione essenziale di vita, senza la quale il tempo speso in qualsiasi cosa apparirebbe ai miei occhi come una serie di istanti sprecati, senza scopo.

Ma non nella scrittura. O perlomeno non ancora. Sono sempre riuscito a trovare un mio personale equilibrio tra il mio essere totalmente schematico e la voglia di liberarmi, di mettermi in gioco e agire. Nella scrittura invece è uno dei miei difetti, quello che mi blocca di più. Ho sempre voluto sfidare me stesso in un progetto a lunga portata e portarlo a termine. Quando ci ho provato con qualcun altro sono stato lasciato a metà e quando l’ho fatto in solitaria è stata una parte di me ad abbandonarmi sul più bello. E ora che “Un mattone per GUA” è terminato ho avuto la conferma che si può fare, che effettivamente posso seriamente portare a termine qualcosa. E allora ecco qui la sfida, ecco in cosa voglio impegnarmi: voglio scrivere e finalmente portare a termine un progetto. Purtroppo l’arte creativa è soggetta alle leggi cosmiche del “Chissà” e del “Boh” e quindi non può essere garantita sempre una forma di produzione completa. Per cui mi impegnerò al massimo per avere un anno di scrittura, il mio anno di scrittura.

Io sottoscritto RIGAMONTI MICHAEL giuro solennemente d’impegnarmi qui dinanzi a tutti e di non lagnarmi delle conseguenze o frignare o qualsiasi altra stupida frivolezza. La presente definisce che per il successivo anno (365 giorni, 52 settimane e spiccioli) a partire dalla data di pubblicazione della suddetta, ogni settimana mi sobbarcherò la responsabilità di pubblicare un racconto, l’incipit corposo o almeno lo sviluppo di un’idea, sperando che riesca a sfociare in un racconto. O magari qualcosa di più grosso, molto più grosso, che faccia da collante al tutto. Qualsiasi cosa, basta che mi faccia muovere il culo.

4 commenti su “365 days of writing – Un anno di scrittura”

  1. E questo giuramento è quello che mi ripeto da anni, ma il mio culo è troppo pigro per muoversi. Servirebbe proprio una di quelle motivazioni forti, tipo la nutella, oppure uno scossone che ti fa rivalutare tutto e ti fa mettere in moto!

    1. Caro RonnyStories, serve un punto di svolta. Io ho smesso di scrivere per vari motivi, sia privati che di scrittura stessa, ma ora che ho ripreso mi sento molto meglio. Certo è che se non fossi così pignolo e precisino sfornerei molto più di 50 battute l’ora. Ma tutto non si può pretendere. Ahahaah!

      A me ha dato ispirazione un film, come te era un po’ che covavo una forte idea di riprendere, ma non avevo mai trovato la motivazione giusta. Spero troverai la tua!

  2. Hai scritto tante, forse più di quanto tu sia convinto.
    Quest’articolo è uno dei tuoi prodotti migliori, perché sentito davvero; probabilmente di getto (meditato nella forma, ma spontaneo).
    Mantieni fede al tuo patto. Quelle stesse parole meritano di essere onorate.

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